Il 18 giugno 2021, il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio ha ordinato alla RAI l’ostensione dei documenti del programma TV Report in seguito ad una richiesta di accesso agli atti. Nonostante la Corte abbia correttamente affermato che il decreto n. 97 del 2016 sulla Trasparenza (FOIA) e la legge 241/1990 che regola l’accesso agli atti amministrativi possono essere applicati a tutte le istituzioni pubbliche incluse le emittenti di servizio pubblico, esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per il fatto che questo diritto sia stato esteso oltre agli atti di natura amministrativa anche a materiale giornalistico detenuto da un’emittente pubblica.
Le organizzazioni firmatarie ritengono che consentire l’accesso alle informazioni raccolte da giornalisti durante il loro lavoro investigativo per la produzione di articoli o programmi mediatici violi il diritto alla libertà di espressione e il diritto dei giornalisti di proteggere le proprie fonti. Legislatori e corti europee hanno ripetutamente affermato che la protezione delle fonti giornalistiche è essenziale alla libertà d’espressione. Il FOIA non può essere utilizzato come uno strumento per sopprimere questa protezione. Tale possibilità dovrebbe essere disciplinata dal FOIA stesso per escludere che tale legge permetta di ottenere documenti da un giornalista o rivelare l’identità di una fonte.
Il TAR del Lazio ha ordinato l’ostensione dei documenti richiesti da un avvocato di Milano che era stato menzionato in una puntata di Report nella quale si parlava del presunto abuso di fondi pubblici da parte della Regione Lombardia durante le prime fasi della pandemia e dei presunti opachi rapporti con professionisti sul territorio. La richiesta era stata inoltrata sulla base dell’articolo 22 della Legge 241/1990, che regola il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi, affermando che la puntata avesse violato l’onore e la reputazione dell’avvocato richiedente e del suo studio legale, e che essa fosse basata su informazioni false. In una decisione controversa, il TAR ha stabilito che i materiali usati e raccolti dal programma TV nella fase preparatoria della puntata sono informazioni pubbliche e quindi soggette alle leggi di accesso ai documenti amministrativi (FOIA e Legge 241/1990). Il TAR ha inoltre deciso che le informazioni raccolte dai giornalisti di Report attraverso specifiche richieste a organismi pubblici riguardanti incarichi a collaboratori esterni costituiscono documenti pubblici e non appartengono a terze parti.
Il TAR si è focalizzato esclusivamente sulla natura pubblica dei documenti in questione e non ha preso in considerazione che le stesse informazioni costituiscono anche materiale giornalistico, la cui rivelazione espone le fonti. Inoltre, è da sottolineare la differenza di trattamento che la decisione impone ai giornalisti che lavorano per l’emittente pubblica e a coloro che sono impiegati da reti private. Questi ultimi, infatti, potrebbero ricevere un diverso grado di protezione delle loro fonti perché non sono soggetti alle norme del FOIA; questa situazione porterebbe ad un trattamento in sé discriminatorio.
La legge italiana protegge in maniera limitata le fonti giornalistiche. Le legge 63/1969 sulla professione giornalistica è applicabile solo all’identità (nome e cognome) di una fonte.
La Corte Europea dei Diritti Umani (Corte EDU) ha sottolineato il potenziale chilling effect (effetto raggelante) che un ordine di rivelazione delle fonti può avere sull’esercizio della libertà della stampa, affermando che tale misura non è compatibile con l’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU) a meno che non sia giustificata da un interesse pubblico prevalente. La Corte ha inoltre evidenziato che la rivelazione delle fonti potrebbe avere un impatto pregiudizievole non solo con riferimento alle fonti stesse, la cui identità potrebbe essere rivelata, ma anche per i giornali o altri tipi di pubblicazioni coinvolte dall’ordine giudiziario, la cui reputazione potrebbe essere scalfita sia agli occhi di future potenziali fonti, sia nei confronti di qualsiasi soggetto che abbia un interesse a ricevere informazioni impartite da fonti anonime (Sanoma Uitgevers B.V. v.the Netherlands [GC], § 89; Financial Times Ltd and Others v. the United Kingdom, § 70).
La Corte EDU ha definito “fonti” giornalistiche “qualsiasi persona che fornisce informazioni ad un giornalista”. Inoltre, ha ribadito che “le informazioni che identificano una fonte” includono sia “le circostanze fattuali dell’acquisizione dell’informazione da una fonte da parte di un giornalista”, sia “il contenuto non pubblicato sull’informazione fornita dalla fonte ad un giornalista”, se queste possono portare all’identificazione della sua identità (Görmüş and Others v. Turkey, § 45; Telegraaf Media Nederland Landelijke Media B.V. Netherlands, § 86).
Altri paesi europei hanno riconosciuto in maniera puntuale il problema sollevato da questo caso e hanno posto specifiche esenzioni all’accesso a materiale giornalistico a capo di emittenti pubbliche statali. Il “Freedom of Information Act” (FOI Act) britannico del 2000 identifica la British Broadcasting Corporation (BBC) come un’istituzione pubblica; nonostante ció, la Parte VI della Schedule 1 della legge prescrive che essa è applicabile solo ad “informazioni detenute per motivi che non riguardino giornalismo, arte o letteratura”. Ne consegue che le informazioni detenute dalla BBC per motivi giornalistici non rientrano nel FOI Act britannico.
In Irlanda, il Freedom of Information Act, 1997 (Prescribed Bodies) (No.2) Regulations, 2000 esclude dal suo ambito di applicazione qualsiasi informazione relativa all’identità di una fonte, la raccolta delle informazioni e le scelte di montaggio, indipendentemente se il materiale sia o non sia trasmesso, e qualsiasi modifica successiva alla trasmissione.
In Bulgaria, l’articolo 19 del FOIA è stato modificato nel 2015 per richiedere che gli organi che ricevono richieste debbano “bilanciare i principi di trasparenza e libertà economica, oltre alla protezione dei dati personali, al segreto commerciale e al segreto delle fonti dei media che intendono rimanere segrete”.
Altri paesi come la Germania e la Danimarca escludono dalle loro leggi di accesso agli atti materiali che sono protetti da regole di confidenzialità professionale applicabili ai giornalisti.
Inoltre, quasi tutti i paesi europei (Italia inclusa) che hanno adottato leggi in materia di protezione dei dati che permettono ai soggetti di richiedere informazioni sul proprio conto detenute da organismi pubblici o privati (in maniera simile al caso Report), includono anche una chiara esenzione per attività giornalistiche. In particolare, l’articolo 85 del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati dell’UE (GDPR) afferma: “gli Stati Membri devono per legge riconciliare il diritto alla protezione dei dati personali che segue questo Regolamento con il diritto alla libertà d’espressione e informazione, incluso il trattamento a scopi giornalistici o di espressione accademica, artistica o letteraria.”. L’articolo 11(b) della Convenzione 108 del Consiglio d’Europa così come modernizzata nel 2018 (Convenzione 108+) sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale dichiara che gli Stati Membri devono introdurre un’esenzione giornalistica quando questa risulti necessaria per “la protezione dei dati di un soggetto o i diritti e le libertà fondamentali di altri, in particolare la libertà d’espressione”.
L’articolo 138 del Codice per la Protezione dei Dati (Codice della privacy) adottato nel 2018 con l’obiettivo di adeguare la normativa italiana al GDPR afferma: “In caso di richiesta dell’interessato di conoscere l’origine dei dati personali ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera g) del Regolamento restano ferme le norme sul segreto professionale degli esercenti la professione di giornalista, limitatamente alla fonte della notizia”. Ne consegue che esiste un conflitto tra la protezione delle fonti giornalistiche come previsto dalle FOIA in Italia e la protezione garantita dagli standard europei e dalla legge italiana sulla protezione dei dati personali. Tale conflitto crea incertezza legale e lede il diritto dei giornalisti alla protezione delle proprie fonti.
Le organizzazioni firmatarie esortano pertanto il Legislatore italiano ad adottare lo stesso approccio nel decreto Trasparenza (FOIA) e nella legge 241/1990 escludendo dal suo ambito di applicazione il materiale giornalistico utilizzato dai programmi RAI, e ad adoperarsi affinché i due regimi siano allineati e rispecchino gli standard europei sulla libertà d’espressione. Invitiamo inoltre la magistratura ad applicare gli standard regionali sopra citati per assicurare che il FOIA protegga l’esercizio della libertà d’espressione e le fonti giornalistiche.
SOTTOSCRITTO DA:
ARTICLE 19
European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF)
European Federation of Journalists (EFJ)
International Press Institute (IPI)
Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (OBCT)